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Il volto di Santa Venera
Giacinto Platania, illustre pittore acese, da sacra commozione doveva essere pervaso e celesti visioni dovevano ispirar il suo genio di artista, quando intorno al 1655 prese a colorir il volto di Santa Venera, scolpito in bronzo da altro insigne artista siciliano.
Quel fresco color di giovinezza delle guance, il rosato dei pomelli, quello sguardo infinitamente dolce e pietoso, danno inusitata parvenza di vita alla Santa e la bocca piccioletta sembra che debba parlar materne parole al suo popolo fedele che l'invoca quando esce in trionfo di luce e di suoni, nel ferculo prezioso per la città festante.
La fede astratta è privilegio degli eletti e dei filosofi; il popolo nella sua ingenua semplicità ha bisogno della immagine e del simbolo che personifica quasi il sentimento collettivo, simbolo che dalla venerazione comune trae argomento di maggiore bellezza, bellezza che l'artista gli trasfonde per intima suggestione e per ispirazione a volte sovrumana.
La statua di S. Venera di non comune pregio estetico è ricca, e di ardente fede è circondata nella sua città fedele che sempre, negli eventi lieti e tristi, la espone fin dai secoli lontani come l'espressione e la sintesi del sentimento cittadino.
Di preziosi metalli è composta, da pittore illustre fu il suo volto animato, oro e gemme l'arricchiscono ma una spada tersa e lucente splende fra le gioie come a significar la vecchia anima guerriera di questa gente che coltivò i mercati, che dissodò le terre, che costruì questa città bellissima e che seppe in ogni tempo difendere - armi alla mano - le patrie libertà.
Squilli il giubilo della vittoria, risuoni l'appello per la difesa, tremi la terra o sgorghi il fuoco dai fianchi del vulcano, un grido unanime echeggia: Santa Venera! Grido sempre vecchio e sempre nuovo che saluta nelle ore decisive l'immagine che rappresenta secoli di storia e di passione cittadina.
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Il sindaco e patrizio di Acireale, don Francesco Cantarella, il 10 luglio del 1650 riunì in assemblea i magnifici giurati di Acireale, Giuseppe Fichera, Francesco Scudero, Gaspare De Lao, Giuseppe De Castro e tutte le rappresentanze della città. Il Sindaco di Aci così parlò:
"Nobili ed onorati cittadini, la chiamata a congregazione vostra in questo luogo è stata che, come è notorio ad ognuno, dovendosi ogni anno celebrare la festa della Gloriosa Santa Venera pelli Spettabili Giurati di questa città, è stimato non men necessario che espediente per maggiore decoro et veneratione di detta Gloriosa Santa e gloria del sommo Iddio di doversi fare una statua di argento della miglior forma et modo che sia possibile, dove si avrà da mettere la reliquia di detta Gloriosa Santa per doversi, dopo ogn'anno, nel tempo della festività esponere et processionare come et per dove parerà più conveniente alli detti Spettabili Giurati, con doversi tenere ben custodita et conservata sotto chiavi detenti pelli Spettabili Giurati". "Et perchè questa università si trova assai esausta, per non lassarsi indietro tal opera coss santa si è pensato assegnare et applicare, per una volta tantum, gli Introiti della Fiera che si celebrerà nel mese di luglio 1651".
I rappresentanti della città con il più vivo entusiasmo approvarono la proposta di don Francesco Cantarella.
Nell'anno seguente, e precisamente nei mesi di febbraio, i giurati acesi, dietro autorizzazione del Consiglio cittadino, nominarono una commissione composta dai nobili Giuseppe Cannavò, Diego Ponte, Alessandro Patania, Antonio Fichera e dai rappresentanti dei mercanti Giambattista Lazzaro e Francesco De Maria perchè per tre anni curassero la esazione dei diritti della Fiera franca ed i contributi dei cittadini.
A Mario D'Angelo, maestro argentiere di Messina, nel luglio 1654, fu dato incarico di costruire la statua. Ecco cosa leggiamo nella cronaca del Lo Bruno: "Alli trentuno di Luglio nel 1654, i signori giurati e deputati di Santa Vennira determinaro di fare la statua di detta Santa, d'argento. Per il che in detto giorno fecero l'atto con il sig. Mario D'Angelo argenteri di Messina, di havere a fare detta statua di argento fra un anno cioè menzo busto dalla cinta in sù; e gli diedero onze cinquanta in conto et lo resto fatta e completa la statua".
Opera di gran bellezza fece maestro D'Angelo messinese; di lamine d'argento cesellato ne formò il busto, di bronzo dorato la testa e le mani. Aggiunge il Lo Bruno: "Riuscio bella assai per averci fatta la facci a dipintura il Sig. Giacinto Platania, pittore Acitano". "Circa la pesatura, l'argento della detta statua è libre 20 e tre quarti incluse onze quattro, tre di mancamento; e lo detto argento ragionato ad onze quattro e tar ìdieci la libra in tutto fa la somma di onze novantadue. Di più vi è di rame dorato onze diciotto. Per lo sgabello di legname argentato onze quattro e tar otto. Di manifattura onze centoquarantacinque, che in tutto fa la somma di onze 259,8. Dalla quale somma dedotte onze 48,20, che tanto importa la terza parte delle onze 145 della maestria; della quale lo Mario D'Angelo per l'atto fatto l'anno passato, promise farcene rilascito, risultao di netto detta menza statua essere di valuta onze 210,18. Del quale prezzo havendone il detto argentieri ricevuto l'anno passato onze cinquanta, hora ne ricevio onze 31, 12, 16 che tanto importao la gabella della Fera, e lo resto se lo have di pagare di quello che in avvenire si gabellerà la Fera, infino che si pagherà a complemento".
Festa grande nel luglio 1655 per onorar la statua nuova. Lasciamone al cronista dell'epoca la descrizione: "Nella vigilia di Santa Vennira che fu alli venticinque di luglio, si fece, con la sopra detta nuova statua di argento, una solennissima processione del modo seguente: Il giorno di San Giacomo apostolo, sonato il vespere ad ore venti, con molto apparecchio di intorci e mascoli, si uscio la statua di detta Santa da dentro la sacrestia e si portao all'altare maggiore, dove collocata si cantao il vespere solenne della Santa; e finito si fece la processione, uscendo prima li tamburi con li stendardi e crocifissi delle compagnie di San Sebastiano e di San Pietro; e doppo tutte le Mastranze con li soi intorci, e doppo li Religiosi e lo Clero, tutti con li soi intorci e sbrandonetti. Quale processione uscita dalla porta maggiore andao per la strada diritta insino a Santo Rocco; di là voltao per li Cappuccini e tirando dritto per la strada delli Pennisi; e di là, doppo, tirando dritto per la strada maggiore, entrao nella Fera e passatovi per mezzo, entrao nella Matrice dalla porta maggiore e si portao nella sacrestia, con haversi fatto le sue solite salve di mascoli. Il giorno doppo, festa di detta Santa, il 26 luglio ad hora di prima, si uscio la detta statua dalla sacrestia, portata dalli Rev. Cappellani insigniti et lo Baullino (Scrigno) delle reliquie portato dalli monaci e si collocaro sopra l'altare maggiore dove stettero tutto il giorno. Si cantao la messa al solito con sua musica; e la sera, cantato il vespere, si fece prima la processione della reliquia di sant'Anna e si diede la benedizione al popolo con detta reliquia. Doppo collocata con l'altra reliquia nel Baullino si portao la statua di Santa Vennira dalli cappellani e lo Baullino dalli monaci nella sacristia con li suoi intorci e salve di mascoli. E cos si terminao la festa".
Furono costruiti nel 1659-1783 il ferculo prezioso, opera di artisti messinesi ed acesi, e la ricca cappella nel 1680-1697 dal romano Girolamo Baraglioli e, dagli acesi Alberto Grasso e Sebastiano Palazzolo; cappella che si decorò nel 1710, con affreschi di ottima pittura, il pittore messinese Antonio Filocamo che pinse pure il riuscitissimo quadro della Santa.
Nicolò Amato, artiere acese, nel 1686 con ferro battuto a mano costru la inferriata che chiude la edicola ove si custodisce la statua, ed un altro artigiano acese contemporaneo, un vero maestro degno degli antichi predecessori, Angelo Paradiso, nel 1914, costruì i cancelli artistici che precludono la cappella su disegno dell'architetto Ernesto Basile.
Il dotto Oreste Scionti, podestà di Acireale, nell'anno in cui viviamo salvò dalla distruzione gli stemmi della città che ornavano il drappo antico, da mani rapaci sottratto, che decorava il palco delle autorità cittadine nel pontificale solenne; e dall'artigiano acese Giuseppe Messina li fece restaurare.
Li ammireremo martedì prossimo applicati nel nuovo ricco velluto rosso-granata. Domani saranno aperti i cancelli, le sette chiavi apriranno le sette serrature e Santa Venera sarà esposta alla venerazione dei fedeli.
La sera, tra l'entusiasmo che mai si spegne e si rinnovella sempre più fervido, passerà a benedire il suo popolo e la sua città.
(da il Popolo di Sicilia, 24 Luglio 1932)
Sulla statua di Santa Venera Vedi anche: Saro Bella - Mario d'Angelo, Giacinto Platania e la statua di santa Venera