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Così "La Zanzara" pungeva in campagna elettorale
«PERDIO, ci sparu!». A pronunciare il minaccioso proclama era un irreprensibile e mite professore di francese: si riferiva ad Andrea Romeo, fondatore della Zanzara, un settimanale satirico sorto nel clima delle lotte municipali del primo Novecento in una provincia siciliana di solito apatica e sonnacchiosa: clima che veniva di colpo ridestato e reso incandescente dall'irrompere sulla scena politica, in appoggio a una delle due fazioni contrapposte, di un caricaturista capace di immergere la sua penna, se non proprio nel vetriolo, certo nella senape piccante.
Così Andrea Romeo, artista di Acireale, davvero valente nel disegno, nell' acquerello e nella lavorazione della creta, era riuscito, coi suoi schizzi pubblicati su quel foglio, a far ridere un'intera città e ad additare al generale ludibrio i rispettabili esponenti della parte a lui avversa.
Formatosi all' Accademia di belle arti di Roma ma cresciuto soprattutto all'ombra di Giuseppe Sciuti, Romeo aveva il dono di saper mettere al servizio della sua linea facile e del suo disegno spigliato una fantasia fertile e una vena umoristica straordinaria.
Si era nell' ultima fase dell' età giolittiana, qualche anno prima dello scoppio del primo conflitto mondiale. Ad Acireale i partiti in lotta facevano riferimento a due notabili del luogo: l'onorevole Giuseppe Grassi Voces, da tempo parlamentare e figlio di un senatore del regno, e il barone Giuseppe Pennisi di Santa Margherita, sindaco venticinquenne della città e genero del ministro degli esteri Antonino di Sangiuliano.
Andrea Romeo militava tra i sostenitori del Pennisi, e al suo seguito partecipò ad accesissime campagne elettorali, contribuendo col suo talento artistico a canzonare e a far inviperire gli avversari. Addirittura raccontano che quando, durante le sedute del consiglio comunale, si scorgeva d'un tratto il giovane Andrea armato di taccuino e matita far capolino tra il pubblico, cominciava a serpeggiare il panico tra i seguaci del Grassi Voces, perché si era certi che con inesorabile puntualità sarebbe comparsa, nel numero successivo della Zanzara, la faccia ridicolizzata di qualcuno di loro, accompagnata, s'intende, da lazzi e pepate battute (considerato anche che il Romeo aveva affibbiato loro dei pittoreschi soprannomi: Marian Parlè, Cesca, Tartaglia, Fra Palla...): tanto che ci fu chi addirittura arrivò a minacciare di metter mano al revolver.
La Zanzara andava letteralmente a ruba nelle edicole cittadine, tale era la curiosità con cui era attesa, e tale il divertimento che riusciva a suscitare. Grazie al ridicolo con cui copriva gli avversari, favorì la vittoria di Giuseppe Pennisi alle elezioni del 1913.
L' avventura di questo singolare foglio, però, durerà poco, giacché del successo elettorale Pennisi avrebbe goduto solo per breve tempo: già l'anno appresso, nel 1914, soffiavano i venti di guerra che avrebbero portato al primo conflitto mondiale.
I due avversari, comunque, si ripresenteranno, dopo la vittoria del 1918, alle votazioni politiche del 1921. Grassi Voces non verrà eletto, Pennisi si: ma riuscirà a insediarsi nel suo seggio a Montecitorio solo due anni più tardi, nel 1923, a conclusione di una complicata serie di contestazioni da parte di suoi compagni di lista e di ricorsi ai competenti organi di controllo.
Poi, alla consultazione elettorale del 1924, entrambi saranno inclusi nel «listone» fascista ed eletti: ma poche settimane dopo si ritireranno dalla politica, Grassi Voces perché coinvolto in una vicenda giudiziaria, e Pennisi perché disgustato della politica del governo Mussolini dopo il delitto Matteotti. Ovviamente le censure del regime vanificheranno sul nascere ogni nuovo tentativo di giornalismo politico, e la Zanzara rimarrà senza eredi. (da: "La Repubblica" del 9/2/2012)